Runaway

 

 

Nella propria terra si ha paura di non riuscire a lavorare, fuori si teme di non riuscire a sopravvivere. Mi si chiede se partire o restare. Quanto segue è frutto di opinioni personali nate da esperienze vissute in prima persona.

 

L’Italia è indietro di circa dieci anni rispetto al resto del mondo civilizzato, la Calabria è indietro di oltre venti rispetto al resto d’Italia. Guardate al settore palestre. Grossi nomi come “Fitness First” o “Virgin” mai approderanno in Calabria. E non solo per un discorso legato a pizzo, malavita ecc. No, non aprono perché in quei Centri la figura dell’istruttore è praticamente scomparsa. Lì vige solo il Personal trainer a 30 euro/ora, a cranio, altrimenti paghi il mensile e fai da te. 

 

Tariffe improponibili in Calabria, dove ancora infatti si trascina stancamente il martoriato istruttore degli anni Ottanta: alza la serranda, accendi le luci, apri l’acqua, sorridi, metti a posto i pesi, chiudi le luci, chiudi l’acqua, abbassa la serranda. Cinque euri l’ora. Un custode, più che altro. Ovvio che si voglia fuggire da un incubo del genere. E altrettanto ovvio che questo non riguardi il solo ambito del fitness.

 

Quando resti sei un animale in gabbia e non vuoi altro che scappare. Quando scappi stai bene per un po’, ma presto vuoi riscappare. Ci hanno scritto poemi su questa lotta interiore. Alcuni dicono che siano sufficienti un paio di mesi per ambientarsi fuori, dopodichè passa anche la voglia di tornare nella propria città.

 

Non è così. 

Presto arriva il conto e  allora inizia a mancarti quello che hai lasciato, il posto in cui sei cresciuto, le persone con cui sei cresciuto. Comincerai ad avere a che fare con un dialetto che non è tuo, una cadenza che non è tua, dei modi di dire che non sono tuoi, del cibo che non è tuo, dei ritmi lavorativi e di vita che non sono tuoi. Prenderai quella cadenza, che si andrà a sommare all’accento meridionale che non perderai mai e ti coprirai di ridicolo. Non passa tanto tempo prima che tutto ciò inizi a darti ai nervi. E così prenderai a sopportare sempre meno quelle persone, quel modo di parlare, quello stile di vita. In breve, vorrai scappare anche da lì. Una vita perennemente in fuga.

 

Questo succede in qualunque posto d’Italia tu sia nato, ma la Calabria (come tutto il Sud in generale) ha qualcosa che nel bene e nel male accentua il tutto: un livello di anarchia introvabile altrove. Raccolta differenziata inesistente, divieti stradali ignorabili, lassismo sul lavoro… Un senso civico à la carte. Metti un calabrese in Veneto e avrai creato un disadattato. 

Certo, lo so, non c’è bisogno che me lo ricordiate: c’è pure il mare, il cielo, la ‘nduja e blablabla. Ma una città che ha i suoi cardini in Vento, Velluto e Vitaliano ride di te e ti sta chiedendo “COSA CAZZO CI FAI ANCORA QUA?!”.

 

Resta una sola salvezza: avere la forza di andarsene, essere disposti a star male altrove, ma farlo per i propri figli, farli nascere direttamente fuori così che almeno loro non si trovino a dover rivivere lo stesso incubo e lo stesso dilemma. Altrimenti il ciclo si ripeterà.

 

Chissà quante volte Cobain aveva già imbracciato quel fucile…

 

 

 

 

 

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Commenti: 1
  • #1

    Roberto C. (lunedì, 10 dicembre 2012 22:45)

    ...e pensare che io sono nato a Torino, e mio padre quando avevo 4anni ha fatto il trasferimento a Catanzaro....