Dr. Giuseppe Musolino

 

musolino.press@email.it

www.musolino.jimdo.com

  

 

La rinascita delle palestre nella repubblica delle banane.

 

Ci ha promesso delle stanze a sud, vicine e con una bella vista; invece queste sono stanze a nord, guardano su un cortile e sono molto distanti una dall’altra. Per me va bene qualsiasi buco […] ma è ben triste che tu debba avere una camera senza vista.

                                                                 (“Camera con vista”, E.M. Forster)  

 

 

Il vuoto oltre la rete

Alle 15.41, Ricki-one digita:

“Ciao raga, ho un piccolo sfizio… Ormai ho 3 anni di esperienza, ho studiato tutto di tutto, sono preparato su tutto ciò che riguarda il mondo delle palestre: allenamento, alimentazione, integrazione, ecc. Ed oltre a ciò ho l’umiltà di tenermi sempre aggiornato sulle nuove scoperte. Perciò volevo sapere: cosa bisogna fare per diventare istruttore? Ho saputo che bisogna seguire un corso che dura sulle 4-5 settimane, poi si danno gli esami e si può insegnare da subito. Ma mi chiedevo: c’è proprio bisogno che io prenda la certificazione di qualche associazione per fare l’istruttore? È vero che tante volte le palestre assumono senza richiedere titoli? Mi hanno detto che basta avere il fisico e ti prendono…”

 

Alle 17.32, Baywatch85 digita:

“Ti racconto la mia esperienza. Io inizialmente avrei voluto studiare medicina, ma per una serie di circostanze non ho potuto. Poi ho intrapreso giurisprudenza, però poco dopo mi sono accorto della passione per l’educazione fisica. Così lasciai legge e cominciai a studiare un po’ di tutto da autodidatta: fisiologia, biologia, chimica, endocrinologia, medicina, ecc. A quel punto avevo anche preso in considerazione la possibilità di iscrivermi allo IUSM, ma poi vidi che i programmi erano obsoleti e la formazione molto scadente. E per fortuna alla fine decisi di non farne niente, altrimenti avrei perso anni inutilmente. Anche perché in seguito scoprii che nei centri sportivi ci si poteva lavorare senza alcun titolo. Così, anche oggi che sono un agente immobiliare, nel pomeriggio arrotondo con questa mia passione lavorando in palestra come istruttore.

Però ho conseguito negli anni un sacco di titoli: la certificazione di istruttore di primo livello CICICI, quella di secondo livello BUBUBU, il diploma di personal trainer CUCUCCU… e poi ho fatto il corso di Primo soccorso, quello BLSD e pure quello BDSM, e ho preso il brevetto di assistente bagnanti. Ah dimenticavo, ho fatto pure il corso italia-lavoro su inglese e informatica. E poi continuo ad aggiornarmi più di quelli che a scuola ci vanno ancora. Faccio i master…”

 

Alle 18.24, Ercoolone50 digita:

“Io quando ero fanciullo ci andavamo a vedere i film di Ercole al cinema e lì mi sono innamorato di questo bellissimo sport che sono i pesi e allora con mio cuggino Tonino abbiamo deciso che dovevamo diventare grossi così ho deciso che ci si siamo costruiti una capanna per fare i sollevamenti e allora Tonino mi faceva da allenatore e io a lui ma non vedevamo i risultati che volevo…….. Ogni giorno passava dal campo uno veramente grosso con una motolapa che portava le bombole del gas e carricando e scarricando le bombole io gli ammiravo sempre questi muscoli tanto che un giorno mi sono fatto coragio e gli ho chiesto come potevo diventare grosso di quel modo…….. Si chiamava Ciccio Magro ma in palestra tutti lo chiamavano “il professore” dopo avermi fatto spogliare mi ha visitato è così mi sono iniziato ad allenare da lui, lui mi ha imparato tutto in pochi mesi tutto quello che all’università ci vogliono anni, mi ha fatto la dieta e i risultati furono eccezzionali e a dir poco incredibbili!!! In poco tempo mi sono fatto il fisico migliore del paese……… Ehh allora si che si mangiava bene no come a oggi che tutte stè porcherie ci stanno ammazzando a tutti quanti!!! Da quella palestra del professore sono usciti un sacco di campioni: Tonino “Totò” Sconocchiato, Salvatore “Tutù” Spampinato, Fortunato “Fortunato” Fortunato, Gigino “Tavolone” Scumazza, Carmelo “Patata” Scarcagnozzi, e poi Ficazza, Scasazza, Pascuzzi, Lo Cicero, e Sticazzi, e poi Franco, e tanti altri che mo mi sto sicuramente scordando ma che saluto a tutti quanti!!! Quanti bilanceri abbiamo incrinati!!! Da quel momento a me mi hanno iniziato a chiamare “Ercolone”, pure io dovevo andare in america a fare il culturista come ad Arnold ma poi ciò avuto un incidente e mi si e distrutta la macchina e allora sono rimasto qua e dopo tanti sacrifici anchio mi sono potuto aprire finalmente la mia palestra che si chiama come a me ercolone e li oggi insegno alla mia palestra anche se la mattina continuo a fare il postino…… Bisogna sempre studiare nella vita ricordatelo!!!”

 

Alle 19.54 Mario, 43 anni, laureato ISEF, con specializzazione in “Attività motorie preventive e adattate” e abilitazione Siss per l’insegnamento, digita il prezzo e chiede al cliente: “Vuole una busta?”.

 

 

Heavy duty

Mi chiedo da sempre cosa istituiscano a fare le lauree, quando nel nostro paese anche senza titolo si può benissimo occupare posti destinati (in teoria) a chi abbia studiato. Capisco che l’Italia sia il regno dell’abusivismo, perché tanto c’è per tutti una qualche via d’uscita che consenta di farla franca, però dovrebbe esserci un limite. D’altra parte, trovare lavoro oggi è un’utopia talmente irrealizzabile che ormai restiamo a galla solo aggrappati ai più improbabili mezzi di fortuna: concorsi, schedine, scommesse, lotterie, grattaevinci.

La situazione lavorativa da noi ha assunto tinte talmente fosche che ad alcuni sta procurando delle crisi mistiche, dei traumi psicologici. Ho recentemente visto un mio amico diplomato all’accademia delle belle arti andare in giro a fotografare… i numeri civici, millantando di star svolgendo un delicato incarico per il comune. Poco tempo prima ne avevo visto un altro laureato in Economia ambientale raccogliere sassi in spiaggia, vendendola come attività svolta per una fantomatica ditta milanese. Per non parlare di tutti i laureati costretti a battere in ritirata nei call center…

Un’ecatombe.

 

 

Obei obei

Nel caso dell’educazione fisica, tuttavia, non si tratta di illiceità, ma di legale autorizzazione. E tacita accondiscendenza. Credevo fosse una conoscenza di dominio pubblico, ma viste le tante domande in rete, mi sembra opportuno ricapitolare come sia regolamentato il settore: semplicemente, non c’è alcuna regolamentazione del settore. Per cui chiunque, con un qualunque titolo di studio, ivi compresa la licenza elementare, può virtualmente insegnare qualsiasi disciplina in palestra alla stessa stregua delle figure che, in uno stato deontologicamente sensato, dovrebbero invece essere le uniche abilitate alla professione, ovvero i laureati Isef/Iusm.

Al massimo, il più volenteroso può impegnarsi a conseguire un “diplomino” con un paio di weekend di corso-istruttore di una qualche benemerita e beneamata associazione sportiva. In ogni caso, ripeto, chiunque voglia, tomo-tomo cacchio-cacchio può operare in palestra da un giorno all’altro. Credo sia superfluo sottolineare la dequalifica della professione e, soprattutto, la sottrazione di possibilità di occupazione ai laureati.

Ricordo un articolo di oltre dieci anni fa su questo argomento che chiosava con il più sconsolato “cui prodest?”. Si pensava allora che le cose non potessero che migliorare, e miracolosamente… sono peggiorate.

Peripatetici.

 

 

Asilo Republic

D’altro canto, però, ci si può vedere anche un lato positivo, giacché in questo modo una moltitudine di profughi ha potuto trovare asilo nei centri sportivi. Grazie a questo stato dell’arte, ho visto aprire palestre a pollivendoli, vigili del fuoco, fotografi, medici, bagnini, bagnanti, autisti, trapezisti, scambisti, fuochisti, macchinisti, elettricisti, lampisti, conduttori, predatori, gente di fatica, facchini, fachiri, danzatrici del ventre, mangiafuochi, spazzacamini, pinocchi, pidocchi, domatori di pulci, pulci, cani, porci, analfabeti e, chiaramente, disoccupati. Una banda di circensi in cerca di occupazione. Molti di loro hanno provato a buttarsi in politica, ma lì i posti per equilibristi, nani, pagliacci, veline, pornostar e drag queen erano già stati occupati, e allora hanno dovuto ripiegare sulle palestre. Mi ha sempre rievocato molto i militari mercenari mandati a combattere contro Rambo nel tempo libero: i guerriglieri della domenica, tutta gente con altre occupazioni.

Già facendo “solo” gli atleti, alcuni di questi ominidi hanno reso il mondo delle palestre il più ridicolizzato tra quelli conosciuti, sportivi e no. Comunque, si fossero limitati a questo, sarebbero stati deprecabili ma avrebbero ancora conservato un minimo di dignità. L’essersi invece appropriati di quello che doveva essere un mio sudato posto di lavoro, me li fa equiparare alla più infima sottospecie di rubagalline o, se preferite, alla più aulica forma di italiota.

E poi dicono che non c’è lavoro… Disoccupati di tutta Italia, venite nelle palestre, ché un posto ve lo troviamo a tutti. Forse si riferiva a questo, quello, quando promise “un milione di posti di lavoro”.

 

 

Hotel Califfornia

Gente digiuna non solo di qualsiasi nozione tecnico-scientifica, ma anche di rudimenti basilari per l’esercizio di una qualunque libera professione (marketing, sociologia, lessico…). Ricordo una volta di aver avuto tra le mani un volantino pubblicitario di una palestra redatto dal proprietario di turno, che, poiché gli affari non andavano, si premurava di organizzare (in loco) un’allegra serata danzante con tanto di “stuzzichini e piano bar di Vitaliano”. Inutile dirvi che il centro in questione ha chiuso i battenti.

Per non parlare della miriade di strafalcioni linguistici a cui ho assistito, a partire da quello che dovrebbe essere l’idioma universale del settore: la terminologia degli esercizi. Pusc daun, sciulder press, lat-mascin, carl, squott, cicletta, tapì rullant, bilancere… Un mio amico mi ha segnalato finanche un “polpacci al califfo”, prescritto in vece di un più esterofilo calf machine.

Capisco che certi utenti possiedano uno scibile di poco superiore a quello del macaco (come le allegre cinquantenni che in palestra mi chiedevano: “mi metti più lavorazione alle gambe?” o “qualcosa per sdonare la vita”), ma questo non mi sembra un motivo valido per infierire.

 

 

Il sette e l’otto

Sai, è un periodo difficile, siamo all’inizio, non possiamo sostenere grosse spese, abbiamo grosse uscite, poi più in là casomai vediamo… Senti, piuttosto, ma tu… quante persone ci puoi portare?”, ecco quello che solitamente ti richiedono per lavorare in palestra. Poi ci sono quelli dall’indole più manageriale, i più furbi, che ti propongono l’affare del secolo: lavorare a percentuale. Sempre più peripatetico per chi ha speso anni a studiare.

Riepilogando: nei centri sportivi la situazione è questa, nelle scuole c’è un tale sovraffollamento di insegnanti che le prospettive di lavoro sono attualmente inferiori allo zero; ditemi allora, quale concreto e serio sbocco lavorativo offre la laurea in Scienze Motorie?

Stante il troiaio imperante, ti trovi dunque costretto ad accettare le stesse condizioni dei palestranti di cui sopra, e lì hai la tua iniziazione: sette euri l’ora (rigorosamente “neri”), otto ore al giorno, otto giorni su sette, alza la serranda, accendi le luci, apri l’acqua, sorridi, dài una sistemata, chiudi le luci, chiudi l’acqua, abbassa la serranda. Piangi. Un custode.

 

 

Il bivio

Per me la soluzione è sempre stata di un’ovvietà disarmante: banalmente, riconoscere un’unica figura professionale da inserire nei centri sportivi, ovvero il laureato Isef/Iusm. Si istituisce un semplicissimo Albo, poi controlli a tappeto e il primo gaglioffo che si becca lo si denuncia per abuso della professione. Più semplice di così…! D’altra parte: se si accede in uno studio medico, si è tranquilli di trovarci un laureato in medicina; se ci si reca in uno studio legale, si sa per certo di imbattersi in un laureato in giurisprudenza; non vedo perché quando si entri in una palestra non si debba avere la sicurezza di avere a che fare con un laureato del settore.

Me ne impipo che possa essere vero che molti laureati non abbiano sufficiente preparazione (tanto più se a dirlo è una capra senza titolo) - si provveda casomai a rendere più formativi i percorsi universitari -, ripeto: il presupposto di base deve essere la laurea.

E i corsi delle varie federazioni? Inutili? Affatto. Anzi, li renderei obbligatori, ma unicamente ai già laureati, come perfezionamento. Così come auspicabile dovrebbe essere il maggior numero possibile di esperienze satelliti (stage, seminari, convegni, tirocini, pubblicazioni, esperienze lavorative e, perché no, agonistiche), tutte però obbligatoriamente vincolate al possesso del titolo di studio accademico.

Poiché però le cose, per qualche ragione a me ancora oscura, non vanno così, a chi fosse ancora in tempo e stesse riflettendo su quale corso di laurea intraprendere, consiglierei di ponderare prima molto bene la situazione descritta e poi… di scegliere decisamente un altro corso di laurea (tanto in palestra ci lavorate lo stesso).

A quelli che invece avessero già combinato il “guaio”, ovvero avessero già concluso il proprio ciclo di studio universitario, suggerisco di “imporre” (anche svirgolettato) tariffe degne di un laureato. Quali sono queste tariffe? Vi propongo un’equazione per determinarlo.

 

 

Equazione

Diciamo che svolgiate una qualunque attività lavorativa per sette ore al giorno. Più o meno come tutti. Ora inserite nella vostra giornata l’allenamento ai pesi, e allenatevi intensamente. Di più, ancora più intensamente. Molto, molto di più. Vi massacrate, e già così ritornate a casa tutte le sere strisciando sul mento. Bene, poi estendete quell’allenamento a tutti i giorni della settimana.

Ora allenatevi in quel modo stando a dieta. No, non la dieta della banana per una settimana. Intendo una ferrea dieta ipoglucidica per mesi. Roba da farvi dimenticare anche come vi chiamiate. Niente pizze, niente uscite con gli amici, niente cene alumedicandela, niente vita sociale.

Moltiplicate poi per due l’allenamento svolto: due allenamenti al giorno, uno al mattino e uno al pomeriggio, sempre sette giorni su sette. Dopodiché aggiungete una seduta di attività aerobica al mattino appena svegli a digiuno, e una alla sera prima di coricarvi. Totale, tra pesi e aerobica, quattro sessioni di allenamento al giorno: nemmeno il tempo di dare un bacio alla vostra ragazza che intanto ha rischiato di perdere la vista (scusa, bambola).

Sommate ancora le eventuali esperienze agonistiche (perché anche quelle devono fare curriculum) ed il conseguente esborso economico per portarle a compimento.

Moltiplicate quindi il tutto per il numero di anni trascorsi con questo stile di vita. Natali, pasquette, capodanni, compleanni, primimaggio, ferragosti: mettete dentro tutto.

E fin qui, un qualunque beota potrebbe starvi benissimo al passo. A questo punto, però, calate il “carico”: il gravoso impegno di portare contemporaneamente avanti una carriera universitaria. Lezioni da seguire, tasse da pagare, libri da acquistare, materie da studiare, esami da sostenere, strizza da notte prima, delusione da giorno dopo, ecc. Calcolate gli anni, lo stress e la somma spesa per far ciò (inclusi - se studenti fuori sede - viaggi, vitti, alberghi, mezzi di trasporto, ecc) e moltiplicatela per tutti gli anni di studio.

Ecco, ora sommate il tutto in un’unica voce e rapportatelo in un’equazione con gli stessi parametri riferiti ad uno scalzacane, e in base a ciò potrete facilmente quantificare il vostro onorario. Consideratelo una sorta di paniere statistico.

 

Laureato : x = Scalzacane : y

 

 

Il “buco” nero

Ricordo a tutti che un balleronzolo di latino-americano con la licenza media e senza titolo alcuno guadagna molto più del doppio del più pagato degli istruttori da sala pesi, lavorando (in termini orari) molto meno della metà della metà della metà della metà della metà, senza affrontare per la propria formazione sacrifici o privazioni minimamente paragonabili a quelli sopra descritti. E lo stesso discorso vale per gli istruttori di qualsiasi altra disciplina.

Eh, vabbé, ma se devo chiedere quelle cifre, non lavoro più…”, direte. Ok, allora continuate a farvi sodomizzare per sette neri euri l’ora, vi rispondo. E non fatevi trovare con “buchi” liberi, perché potrebbero approfittarne per chiedervi di dare una ramazzata al locale…

Abbiamo trasmesso: l’angolo della corporazione.

 

 

Fesso chi legge

Ragionandoci a mente fredda, comunque, gli sciacallaggi professionali sopra descritti finiscono per essere anche comprensibili, e non ce la si può nemmeno prendere totalmente e unicamente con la massa di fancazzisti messa ad operare nelle palestre: cosa ci si può aspettare se si lascia a chiunque la possibilità di usurpare legalmente? Dalle mie parti si dice che “chi può e non fa, è fesso”, un libero adattamento di quanto Hunter Thompson scrisse in “Paura e disgusto a Las Vegas”: “In una società chiusa nella quale sono tutti colpevoli, l’unico vero crimine è farsi prendere; in un mondo di ladri, l’unico peccato mortale è la stupidità”. Perciò, finché si resta stupidi, è giusto pagare.

La colpa è nei “piani alti”, è di chi muove i fili, di chi ha da sempre lasciato questo paese al libero degrado. Nel nostro caso, è quanto mai emblematico che proprio un ente come il Coni, che dovrebbe garantire la massima tutela dei professionisti del settore, sforni invece diplomi con una velocità maggiore a quella di una fotocopiatrice.

 

 

La casta

Quello che rattrista maggiormente è che quasi sempre siano proprio le classi più “stupide” (più deboli), coi lavori peggiori ed il peggior tenore di vita, ad essere regolarmente in prima fila in occasioni “emblematiche” come le votazioni elettorali o i convegni politici, a plaudere ai responsabili della propria condizione sociale. L’ennesimo tributo ai gerarchi. Perché abbiamo tutti bisogno di un padrone. Tutt’al più, quando qualcosa non va, protestiamo con un innocuo corteo, una sterile fiaccolata. E sai che danno… Ma anche questo finisce per essere comprensibile, perché, come sostenne George Orwell: “Una società gerarchica è possibile solo se si basa su povertà e ignoranza. L’ignoranza consente la conservazione dell’ordinamento sociale”. Pertanto, finché si resta ignoranti, è giusto pagare e rimanere poveri.

 

 

Araba fenice

Trovo in tutto ciò diverse analogie con la filosofia degli ultrà delle squadre di calcio. Molti di loro sono disoccupati o comunque hanno lavori ingrati, poveri in canna, reietti ai margini della società. Distruggono e razziano in nome della propria fede calcistica, ma non li sfiorerebbe nemmeno l’idea di fare lo stesso per migliorare la propria condizione sociale. Che so: assaltare in maniera coesa uno tra i tanti abulici organi governativi, invece degli stadi; tendere un’imboscata organizzata ad un gruppo di politici traviati, o anche semplicemente accidiosi, invece che di altri “poveri” tifosi…

Ovviamente, non è un discorso che riguarda solo gli ultrà: simili iniziative potrebbero essere messe in atto anche da altre categorie. Ad esempio, mi sovvengono interessanti prospettive sul tema realizzabili da intraprendenti rappresentanze delle zone più vessate d’Italia: allegri gruppi di pastori sardi, amene combriccole calabro-lucane, ilari cricche sicule… Sono solo idee, eh, semplici spunti. Giusto un modo per rivoltargli indietro una parte dell’orrore che generosamente ci hanno elargito. Aveva ragione De Andrè, “chi non terrorizza, si ammala di terrore”, e tra il serio ed il faceto credo che purtroppo questo sia ormai l’unico modo per illudersi di poter apportare una parvenza di serietà al paese prima, e al nostro microcosmo poi.

Il progetto “palestre sicure” passa necessariamente per la riabilitazione prima di tutto culturale del settore. È improponibile pensare alle palestre come scuole di vita con dei saltimbanchi come maestri. Bisogna attuare un’operazione di “pulizia” radicale, ovvero raderle al suolo e farle rinascere dalle proprie ceneri con delle nuove e stavolta solide basi educative. E perché ciò sia concretamente realizzabile, occorre che un qualche ministero (salute, lavoro, pubblica istruzione, sviluppo economico) si occupi del caso ed emani finalmente un celestiale decreto legge che ponga fine una volta per sempre a questo scempio secolare. Altrimenti, che le chiudano proprio.

 

 

Camera con vista

Non ce la faremo. Non ce la faremmo nemmeno in due vite di lavori forzati, sveglie all’alba, schiene chine, piedi gonfi e cazziatoni. Coi nostri mille euro al mese e la nostra Punto verde oliva, le nostre trentasei ore settimanali e le nostre occhiaie. La nostra camera con vista su un’altra camera. Due vani con bagno, cucina e rimessa di debiti. Grati al Signore di farci rompere la schiena. Lavoreremo fino alla fine dei nostri giorni. Moriremo con la vanga in mano, mentre ci scaveremo la fossa. Cantando forte “buon compleanno” per non sentire il dolore. “Signora, lei ha vinto centomila euro!” Vota Antonio. Italiano, vota La Trippa. Affinché i giovani abbiano un futuro migliore. Sessantacinque anni dimmerda, e mi dovrei preoccupare dei giovani?! “La fortuna cha-cha-cha…” Spolpati, usurpati, spremuti, inghiottiti. In fila alla cassa col resto di dio. “Brucia il pranzo di pasquetta con l’easy pilates!” Troppo distratti dai premi presenza per accorgerci di un presente senza premi, fatto di carne, cellule e limoni andati a male. Vietato toccare. Vietato sporcare. Vietato mangiare. Moriremo casti, puri e digiuni. Ossa e ceneri immacolate per i vermi.

“È la vita più strana che abbia mai conosciuto”, com’era vero, Jim.

 

 

 

 

Ogni riferimento a fatti, cose o persone realmente esistiti

o esistenti è da considerarsi puramente casuale.