Dr. Giuseppe Musolino

 

musolino.press@email.it

www.musolino.jimdo.com

 

 

 

I nuovi crimini del catabolismo, analizzati... per filo e per segno.

 

 

 

L’essere e il tessere

“Il filo collega tutti gli stati dell'esistenza, fra di loro e al loro principio” (Guénon). Splendido esemplare di questo assioma è il ragno, un killer abilissimo che finge di  essere “in altre faccende affaccendato” e intanto tesse la sua tela ed imprigiona la vittima che ignora che sta per essere divorata. Alcuni dicono che il ragno tenda una tela per catturare le sue prede, soddisfacendo così un suo bisogno (evacuare la sostanza) e la sua stessa sopravvivenza; altri sostengono invece che esso, non avendo insita un’idea della sua vittima, le catturi perché “casualmente” tende una tela. Quale che sia la verità, l’esito è quello che conosciamo.

Molti meccanismi all’interno del corpo umano condividono lo stesso disegno “aracnoideo”: noi restiamo ignari nella nostra quotidianità e intanto centinaia di cheti arcani tramano il nostro destino. Ivi compreso quello riguardante lo sviluppo muscolare. Processi anabolici o anticatabolici? Poco importa, alla fine tutto conduce al medesimo risultato.

Ad ogni modo, qui ci occuperemo di anticatabolismo.

 

 

Sul luogo del delitto

Vediamo innanzitutto come avviene il delitto, ovvero come evolve il breakdown proteico indotto dall’allenamento.

Le contrazioni causano un accumulo di calcio dentro la cellula piuttosto che nella sua sede naturale, cioé il reticolo sarcoplasmatico. La prima conseguenza di ciò sarà una riduzione della forza nel prosieguo della seduta. La seconda sarà l’attivazione di proteasi calcio-dipendenti, chiamate calpaine, che, in condizioni normali, risultano inibite da altri elementi chiamati calpastatine (1). Con la liberazione del calcio indotta dall’allenamento, le calpaine entreranno dunque in azione e andranno a “tagliare” via pezzi più o meno larghi di miofibrille.

 

 

Le vittime fatte a pezzi

I frammenti di miofibrille staccati dalle calpaine verranno attaccati a loro volta da meccanismi proteolitici, chiamati ubiquitina-proteasomi. 

I proteasomi, scoperti nel 1988 (3), sono presenti nel citosol e nel nucleo della cellula. Prendono il loro nome dal fatto che contengono numerose proteasi, enzimi che tagliano a pezzi le proteine. Lo smontaggio delle proteine ha un ruolo chiave anche nella regolazione del metabolismo generale: in condizioni di necessità (ad esempio il digiuno o certe gravi patologie), infatti, il sistema dei proteasomi diventa più attivo nei muscoli, fornendo aminoacidi per la neoglucogenesi. 

 

 

Il bacio della morte

serial killer uccidono tradizionalmente senza movente, ma devono pur sempre avere un bersaglio. Come fanno allora i proteasomi (che tra l’altro avranno il loro buon movente) a sapere quali proteine attaccare? La risposta è arrivata solo negli ultimi anni e ha valso il Nobel 2004 per la chimica agli israeliani Ciechanover e Hershko e allo statunitense Rose.

Tale risposta risiede nel ruolo svolto dalle ubiquitine, elementi che agiscono da markers, “segnando”, cioè evidenziando le proteine muscolari danneggiate: in questo modo, i proteasomi individueranno le proteine marcate e le attaccheranno, scindendole nei singoli aminoacidi, che poi seguiranno il loro destino (riutilizzazione o produzione di urea).

 

 

Vicoli ciechi

In alcuni studi per nuove terapie anticancro, si è provato a intervenire sul sistema ubiquitina-proteasomi con farmaci inibitori dei proteasomi. Alcune molecole (4, 5) hanno così dimostrato di poter ridurre il catabolismo. Risultato: poiché i proteasomi agiscono da “spazzini”, le scorie nocive non vengono eliminate e si accumulano nel citoplasma. Non sembra dunque una buona strada da perseguire.

Se si riuscisse allora a ridurre l’azione delle calpaine, si potrebbe prevenire l’azione dei proteosomi. Sono stati progettati diversi composti inibitori delle calpaine (6), che però, oltre al costo elevato, presentano anche altri lati negativi. Alcuni miorilassanti, ad esempio, agiscono sulla muscolatura scheletrica prevenendo la liberazione di ioni calcio dal reticolo sarcoplasmatico: infatti, poichè il rilascio intracellulare del calcio è responsabile delle contrazioni muscolari, l'inibizione di questo rilascio induce un rilassamento dei muscoli. Ciò, oltre a ridurre l'esigenza del muscolo di ATP (permettendo quindi un ripristino più rapido dei depositi), inibisce il rilascio del calcio dal reticolo sarcoplasmatico, alterando l'attivazione normale delle calpaine in seguito ad allenamento.

Questo sistema ha però tre difetti importanti:

    1. in primo luogo, agisce su tutti i muscoli e non soltanto sui muscoli allenati, cosa invece che sarebbe desiderata per ottenere effetti ideali;

   2. in secondo luogo, agendo come miorilassante, riduce la forza muscolare, causando debolezza, sonnolenza, capogiri, astenia, soprattutto se il dosaggio è alto o se il farmaco è somministrato in tempi sbagliati (in quest’ultimo caso, infatti, la possibilità è che esso agisca durante l’allenamento invece che al termine dello stesso); 

    3. rischia di essere epatotossico.

Per tali motivi, anche questa è una via poco consigliabile.

 

 

Sul filo del rasoio

Una soluzione potrebbe essere quella di aumentare le calpastatine, contrastando in tal modo l’attività catabolica delle calpaine. Ma come aumentarle? Anche qui, gli specifici stimolatori delle calpastatine progettati (7) presentano alti costi. E poi siamo sempre in un “campo minato”. A questo punto, anche altri agenti (come il “vecchio” clenbuterolo) hanno dimostrato di poter produrre crescita muscolare limitando la degradazione proteica, in parte riducendo l’attività delle calpaine, in parte attraverso un’inibizione muscolo-specifica del sistema ubiquitina-proteasomi [più che un agente anabolico, il clen è infatti un potente anticatabolico (8)].

 

 

Un lampo nel buio

Nuove soluzioni potrebbero provenire da vecchie conoscenze. Alcuni studi hanno dimostrato che l’AMP ciclico (cAMP) inibisce le calpaine e attiva le calpestatine (9, 10, 11). Ricordiamo che il cAMP agisce da secondo messaggero nell'azione di numerosi ormoni (il primo messaggero è l'ormone stesso che si lega a recettori specifici, presenti sulle membrane plasmatiche delle cellule bersaglio). Servirebbe dunque riuscire ad aumentare il cAMP. Sappiamo però che esso viene degradato da specifici enzimi, le fosfodiesterasi.

L’obiettivo è allora quello di inibire le fosfodiesterasi.

 

 

La soluzione dell’enigma

Le metilxantine (caffeina, teofillina, teobromina), ad alte concentrazioni, possono inibire le fosfodiesterasi. Queste infatti provocheranno un accumulo del cAMP, che attiverà le calpastatine, inibendo le calpaine, oltre ad attivare contemporaneamente la lipasi ormon-sensibile provocando quindi anche un (sempre gradito) aumento della lipolisi.

Il problema è che la caffeina può elevare anche le concentrazioni intracellulari di calcio e, anche se ciò contribuisce ad attivare la termogenesi, può contemporaneamente attivare le calpaine. La teofillina, invece, non presenta questo svantaggio: pare invece che addirittura inibisca il rilascio intracellulare di calcio (e in quest’ottica potrebbe anche contrastare l’aumento delle concentrazioni citosoliche di calcio causato dal cAMP stesso).

In questo senso, allora, si potrebbe così concludere: caffeina pre-allenamento e teofillina dopo.

Oltre alle metilxantine (che ricordiamo agiscono su tutte le fosfodiesterasi: sono cioè inibitori non selettivi), altri composti possono operare sul cAMP. Il clenbuterolo, ad esempio, agisce proprio elevando il cAMP.

Azione inibente sulle fosfodiesterasi è stata dimostrata anche per la T3 (12).

Altre molecole, come ad esempio l’amrinone ed il milrinone, si sono dimostrati efficaci inibitori selettivi delle fosfodiesterasi III (13), agendo contemporaneamente sulla perdita di grasso (spesso vengono infatti utilizzati proprio insieme all’insulina per contrastare l’effetto lipogenico di quest’ultima).

 

 

Conclusioni

“Il filo collega tutti gli stati dell'esistenza, fra di loro e al loro principio”… e così eccoci giunti, ordendo le più intricate trame, alla fine di questo viaggio (che è poi anche l’inizio), con in mano lo stesso filo della partenza.

Bill Phillips diceva che non era lontano il tempo in cui le vecchie armi del delitto (gli steroidi) sarebbero state ritenute obsoleti attrezzi del mestiere. Beh, probabilmente non siamo ancora pronti ad abbandonare certe strade, ma forse il vecchio Bill non ci era andato tanto lontano.

      Il delitto perfetto non esiste.

 

 

 

 

 

 

BIBLIOGRAFIA

 1. Means WJ et al, Effect of nutrient restriction on calpain and calpastatin content of skeletal muscle from cows and fetuses, J Anim Sci, 82 (9), 2541-2547, 2004.

 

 2.Casas E et al, Effects of calpastatin and µ-calpain markers in beef cattle on tenderness traits, J Anim Sci, 84 (3), 520, 2006.

 

 3.Goldberg AL, Identity of the 19S 'prosome' particle with the large multifunctional protease complex of mammalian cells (the proteasome), Nature, 331 (6152), 192-194, 1988.

 

 4.Combaret L et al, Manipulation of the ubiquitin-proteasome pathway in cachexia: pentoxifylline suppresses the activation of 20S and 26S proteasomes in muscles from tumor-bearing rats, Mol Biol Rep, 26 (1-2), 95-101, 1999.

 

 5. Meng L et al, Epoxomicin, a potent and selective proteasome inhibitor, exhibits in vivo antiinflammatory activity, Proc Natl Acad Sci, 96 (18), 10403-10408. 1999.

 

 6. Schaecher K et al, The effects of calpain inhibition on IkB alpha degradation after activation of PBMCs: identification of the calpain cleavage sites, Neurochem Res, 29 (7), 1443-1451, 2004.

 

 7. Eto A et al, The role of the calpain-calpastatin system in thyrotropin-releasing hormone-induced selective down-regulation of a protein kinase C isozyme, nPKC epsilon, in rat pituitary GH4C1 cells, J Biol Chem, 270 (42), 25115-25120, 1995.

 

 8. Yimlamai T et al, Clenbuterol induces muscle-specific attenuation of atrophy through effects on the ubiquitin-proteasome pathway, J Appl Physiol, 99 (1), 71-80, 2005.

 

 9. Cong M et al, cAMP responsiveness of the bovine calpastatin gene promoter, Biochim Biophys Acta,  1443 (1-2), 186-192, 1998.

 

10. Bardsley RG et al, Effect of beta-agonists on expression of calpain and calpastatin activity in skeletal muscle, Biochim, 74 (3), 267-273, 1992.

 

11. Navegantes LC et al, Role of adrenoceptors and cAMP on the catecholamine-induced inhibition of proteolysis in rat skeletal muscle, Am J Physiol Endocrinol Metab, 279 (3), E663-668, 2000.

 

12. Viguerie et al, Regulation of human adipocyte gene expression by thyroid hormone, The Journal of Clin Endocr and Metab, 87, 630-634, 2002.

 

13. Szkudelski T et al, Short-term fasting and lipolytic activity in rat adipocytes, Horm Metab Res, 36 (10), 667-673, 2004.